Salvatore Quasimodo

Di te amore m’attrista
mia terra, se oscuri profumi
perde la sera d’aranci
o d’oleandri, sereno
cammina con rose il torrente
che quasi ne tocca la foce.

Oggi ricorre il 115° dalla nascita di Salvatore Quasimodo, uno dei più grandi poeti italiani di tutti i tempi.

Egli aveva origini siciliane, infatti nacque a Modica il 20 agosto 1901. Trascorse gli anni dell'infanzia in piccoli paesi della Sicilia orientale (Gela, Cumitini, Licata, ecc.), seguendo il padre che era capostazione delle Ferrovie dello Stato. Subito dopo il catastrofico terremoto del 1908 andò a vivere a Messina, dove Gaetano Quasimodo era stato chiamato per riorganizzare la locale stazione. Prima dimora della famiglia, come per tanti altri superstiti, furono i vagoni ferroviari. Quegli anni resteranno impressi nella memoria del poeta, che li evocherà nella poesia Al Padre, inserita nella raccolta La terra impareggiabile, scritta in occasione dei 90 anni del padre e dei 50 anni dal disastroso terremoto di Messina:

« Dove sull’acque viola
era Messina, tra fili spezzati
e macerie tu vai lungo binari
e scambi col tuo berretto di gallo
isolano. Il terremoto ribolle
da due giorni, è dicembre d’uragani
e mare avvelenato. … »

Nel 1916 si iscrisse all'Istituto Tecnico Matematico-Fisico di Palermo per poi trasferirsi a Messina nel 1917 e continuare gli studi presso l'Istituto "A. M. Jaci", dove conseguì il diploma nel 1919. Durante la permanenza in questa città conobbe il giurista Salvatore Pugliatti ed il futuro sindaco di Firenze Giorgio La Pira, con i quali strinse un'amicizia destinata a durare negli anni.
Nel 1919, appena diciottenne, Quasimodo lasciò la Sicilia con cui avrebbe mantenuto un legame edipico, e si stabilì a Roma.
In questo periodo continuò a scrivere versi che pubblicava su riviste locali soprattutto di Messina, trovò il modo di studiare in Vaticano il latino e il greco presso monsignor Rampolla del Tindaro.
L'assunzione nel 1926 al Ministero dei Lavori Pubblici, con assegnazione al Genio Civile di Reggio Calabria, assicurò finalmente a Quasimodo la sopravvivenza quotidiana.
Nel periodo di Reggio Calabria nacque la nota lirica Vento a Tindari, dedicata alla storica località presso Patti:

« Tindari, mite ti so
fra larghi colli pensile sull'acque
dell'isole dolci del dio,
oggi m'assali
e ti chini in cuore. … »

Ma l'attività di geometra, per lui faticosa e del tutto estranea ai suoi interessi letterari, sembrò allontanarlo sempre più dalla poesia,
Tuttavia, il riavvicinamento alla Sicilia, i contatti ripresi con gli amici messinesi della prima giovinezza, fece sì che Quasimodo riprendesse i versi del decennio romano, per limarli e aggiungerne di nuovi.
Nasceva così in ambito messinese il primo nucleo di Acque e terre.
Nel 1936 Quasimodo pubblicò con G. Scheiwiller Erato e Apòllion ancora un libro fortunato con cui si concluse la fase ermetica della sua poesia. 
Nel 1942 pubblico Ed è subito sera.
Durante la guerra, nonostante mille difficoltà, Quasimodo continuò a lavorare alacremente: nel 1947, edita da Mondadori, uscì la sua prima raccolta del dopoguerra, Giorno dopo giorno.
Nel 1954 uscì per la casa editrice Schwarz Il falso e vero verde, seguì nel 1958 La terra impareggiabile.
Il 10 dicembre 1959, a Stoccolma, Salvatore Quasimodo ricevette il premio Nobel per la letteratura.
Nel 1966 Quasimodo pubblicò il suo ultimo libro, Dare e avere; un titolo emblematico per una raccolta che è un bilancio di vita, quasi un testamento spirituale.
Morì a Napoli il 14 giugno 1968.


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